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sa: Bibite et inebriamini, charissimi: qel vino potente e
gagliando che ti ridusse alla ebrietà, tamquam crapula-
tus a vino, infino all ultimo della vita, in fine dilexit eos.
Quasi fiaccola che giunta presso al consumarsi, gitta
maggior vampo di luce: quasi oriuolo, che quando
s accosta al tocco dell ore, volge più velocemente le
ruote: quasi Cigno, che vicino a morte, più soavemente
canta, ancorché abbia in tutto il corso della vita palesa-
ti all uomo del suo celeste amore segni infiniti, nondi-
meno, mentre all ora estrema si avvicina, in finem di-
lexit eos.
Vanno molti specolando la cagione, per la quale canta
il Cigno morendo, né si è fin qui sopra di ciò ritrovata
opinione costante. Facevasi a credere, persuaso da detti
di Pittagora, scioccamente Platone, che il Cigno avesse
l anima separata dalla materia, sopravivente al corpo,
cupida della sapienza: e che quindi avvenisse, che quasi
consapevole della futura immortalità, e presago d una
vita più tranquilla, ne gioiva e cantava. Tuttavia, o sia
perché certe penne che quell uccello abbia fitte nel ca-
po, le quali in quel punto si muovano e gli diano indizio
del suo morire; o sia perché avendo il tratto del collo as-
sai lungo e nodoso, mentre dal petto alle fauci tira lo
spirito, vada il fiato per entro quell obliquo canale della
gola serpendo, gorgogliando e tremando, onde formi un
mormorio simile al cantare; o sia (come è più verisimile)
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Letteratura italiana Einaudi
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per lo concorso del sangue spiritoso che gli si accumula
intorno al cuore e lo faccia brillare: comunque sia, basta
(e questo è certissimo) ch egli celebra la solennità della
sua morte col canto. O Cigno divino, non finto Re
d Etruria, fatto Cigno per dolore della rovina dell uomo;
non dedicato a Febo, come animale solare, ma lo stesso
Sole di giustizia; non sacro alla vana Dea d amore, ma lo
stesso Iddio d amore. Taccia ormai la Gentilità menzo-
gnera, che l falso Giove, innamorato di Leda si trasfor-
masse in Cigno ed Elena generasse. Diciamo noi, che in-
namorato della nostra natura il vero Iddio, si è fatto
Cigno ed ha generata la Chiesa. Or questo Cigno, sen-
tendosi oltre l usato e con maggiore ardor che mai, mor-
dere le viscere e pungere il cuore da quegli spirti gentili
del suo tenero ed amoroso affetto, ecco che morendo
canta: Pater ignosce illis.
Vaticinò Socrate la futura grandezza di Platone, suo
allievo, sognando di tenere in grembo un Cigno pargo-
letto di prima piuma e per natural candore riguardevole,
il quale, appoco appoco messe le penne,volava in alto e
riempiva l aria di mirabile melodia: quasi con questa vi-
sione l eleganza della facondia e della dottrina Platonica
pronosticando. E del nostro Cigno, che presagi? Hic erit
magnus et filius Altissimi vocabitur. Che progressi? Puer
Iesus proficiebat Sapientis et aetate et gratia apud Deum
et homines. Che volo? Cum exaltaveritis filium hominis
tunc cognoscetis quia ego sum. Che armonia? Pater igno-
sce illis quia nesciunt quid faciunt.
Il Cigno fu stellificato tra le imagini del Cielo: ma
questo Cigno è Signore delle stelle del Cielo. Ed è da
notare che (sicome hanno osservato gli Astronomi)
nella immagine del Cigno ha cinque stelle segnalate fra
l altre, le quali sono in tal maniera situate per diritto e
per traverso, che formano una quadratura di Croce.
Chi vide mai più bella analogia di quella che tra quel
Cigno celeste, e questo Cigno sopraceleste si trova, il
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qual, fregiato di cinque purpuree stelle (ma cedano
pur le stelle allo splendore delle sue piaghe) stassene
anch egli in una Croce disteso? e questa Croce istessa
sarà pure alla fine anch ella (già ve l diss io quando
della Cetera d Orfeo ragionai) assunta e trasportata tra
le più chiare stelle del Cielo.
Furono i Cigni da Orazio chiamati purpurei:
Purpureis ales oloribus.
Come e perché questo colore sia stato assegnato al Ci-
gno non fia al presente mia cura di ricercare; alcuni l in-
tendono per bianco: altri l intendono per bello. Basterà
sapere ch ella è maniera di parlar figurato e poetico, non
però nuova o inusitata nelle Scritture istesse, poiché dis-
se anche Geremia: Candidiores Nazarei eius nive, nitidio-
res lacte, rubicundiores ebore antiquo. Ma io per me non
veggo qual Cigno si possa veramente dir purpureo, se
non Cristo, candido sì per la purità immacolata della in-
nocenza, ma della porpora del suo sangue tutto colorito
e vermiglio. Del suo candore ce ne faccia fede il Re Sa-
vio: candor lucis aeternae; del rossore riportiancene al
Profeta: quare rubrum est indumentum tuum? Ma come
si accoppino bene insieme queste due qalità di bianco e
di rosso, imparianlo da quella medesima Sposa, che sep-
pe sì ben lodar la sua voce: Dilectus meus candidus et ru-
bicundus. Candidus, ecco la bianchezza del Cigno: rubi-
cundus, ecco il Cigno purpureo; che sono appunto
quelle due vesti, l una bianca e l altra rossa, che pur oggi
gli sono messe intorno.
Quando il Cigno conosce d essere arrivato al termine
della vita, dicono che si ferma sopra il margine d una
sponda, e quivi, dopo l aver fatto certo circolo con l ali,
postosi nel mezo, incomincia a sciogliere l arguzia del suo
canto. Tale appunto parmi di vedere il mio Cristo lungo
l amaro torrente della passione, presso la rotta riva del
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proprio sangue, che in mezo a tutta la corona delle creatu-
re spettatrici, spandendo sopra la Croce le braccia, forma
un cerchio perfettissimo che si distende a tutte e quattro
le parti dell Universo. Operatus est salutem in medio ter-
rae. Hassi però da avertire che non suole il Cigno per or-
dinario snodar giamai la lingua alle sue canzoni, se non
quando spira Favonio, venticello placido e leggero, geni-
tore di fiori, il qual con suoi dolci sussurretti par quasi che
lo inviti al canto; ed anche il Cigno di cui ragiono, allora
appunto prende a cantare, quando quel santo fiato del
suo divino amore, Zefiro molle e soave e di quanto bene si
produce al mondo fecondissimo padre, ch è quello istesso
che lo faceva passeggiare ad auram post meridiem, con la
sua virtù toccandolo, lo stimula maggiormente. Salvo se
non volessimo dire, che l sibilo dell auretta dolce e sottile
sia il sospiro di quell alito estremo, quando anelante e mo-
ribondo, tradidit spiritum. Or all essalare di questo vento
amoroso udite come dolcemente flebile ed amaramente
soave il canto del nostro Cigno si fa sentire: Pater ignosce
illis. O mistero da non contemplar senza lagrime, o favore
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