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Dal dialetto lombardo «cadrega» (caqûdra) = seggiola, scranno
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Ivanoe Bonomi era allora Presidente del Consiglio.
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Carlo Emilio Gadda - Racconto italiano di ignoto del novecento
«Ma va là...» «Basta, basta». Era un frastuono indeci-
frabile, tempestato dai formidabili «basta» e «ho detto»
del robusto pretore. Anche il pubblico gorgogliava par-
teggiando.
Il ragazzo finalmente proseguí: Soltanto un cervello
malato può accusarmi di avere artatamente soffiato il
nome (vampa lussuriosa ed infame) del rinomato postri-
bolo Milanese in luogo e per designazione di quello che
si pronunzia: Domus Petri.
«Cedite partes adversae! Hic Domus Petri.» Alte co-
lonne, immobili arche, celesti porte, silenzio di un pen-
siero eterno, onnipresente, cattolico.
(Cosí dicendo levò gli occhi al ritratto del Re, come se
lui fosse solo un degno ascoltatore: di sotto, a capo chi-
no, il robusto pretore pensava: sono le undici e mezzo:
Dio ce la mandi buona.)
«D altronde io so di quali meriti sia fiorita la vigna, di
quali opere rechi frutto la vigna1 dei preti.» (La parte
mormorava, non sapendo come interpretare questa elo-
quenza apologetica dal tono equivoco) «Io e tutti sap-
piamo con quale zelo essi inaridiscano nel rigore delle
vigilie i virgulti rossi della concupiscenza». (Il pretore
sollevò il viso e rimase lí a bocca aperta, stupefatto: ma
l impeccabile e convinta serietà del ragazzo lo persuase a
tacere. Se prendo un gambero, faccio la figura del pro-
vinciale, pensò) «Perché il solo giglio fiorisca, il giglio
unico fiore! La loro facciazza un po gonfia e paonazza e
quell andare pettoruto di taluni campagnardi non signi-
fica nulla. (La parte fremeva, la mano del pretore, diste-
sa, ecco con cenni la conteneva). In campagna, si sa, c è
aria buona. Vedi per credere le spose di campagna.
Un nuovo putiferio accompagnò questa nuova e poco
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Questa parola ha un doppio senso: «Et faciam te custodem vi-
neae meae« (Matt. XX...) Ma in dialetto lombardo: «Hai trovato la
vigna!»
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pariniana trovata sulla salubrità dell aria: la faccia del ra-
gazzo si fece scura, cattiva. Il pubblico tricolore, parteg-
giando per lui, divenne violento.
Il giovane era stato convocato davanti il giudice per-
ché la sera del dodici dicembre, alterato da liquori di se-
cond ordine, irruente, con una masnada di otto suoi
zànzeri, era venuto a provocare un sacerdote che «tran-
sitava» e poi aveva inveito contro i difensori occasionali
del detto: e finalmente in confronto di un pubblico ab-
bastanza elegante e benpensante aveva concluso l alter-
co sostenendo che «... il Paparozzo vada in San Pedrone
e accudisca pure ai suoi suffumigi, che tanto io me ne
frego... e Lei non mi rompa le uova nel cavagno, perché
sono piú dure delle sue...»
In realtà (ce ne rendiamo garanti) intendeva soltanto
di alludere alla celeberrima Basilica e ai solenni pontifi-
cali che ivi sogliono celebrarsi. Ma il sacerdote era rima-
sto assai male: e i suoi paladini inveleniti seguitavano ad
abbaiare. Donde guardia municipale, «pezzo di strafes-
so», rincalzo di carabinieri. | Generalità, delazione
all autorità giudiziaria.
Fra l attenzione generale dei pidocchiosi spettatori
concluse la sua autodifesa, mentre il pretore sbadigliava
con eleganza, mentre la polvere seguitava a posarsi sugli
scaffali, mentre un odore di orina rancida seguitava ad
entrare dalla porta del corridoio, lui incurante che il
mezzogiorno, a galoppo, si avvicinasse per tutti quanti.
«Sí, signor pretore; essi, ad ogni atto del tempo, pro-
tocollano un nuovo alloro, lucrano una nuova palma,
menando costante trionfo del Malignissimo, che vana-
mente cozza contro il bastione imprendibile della loro
volontà: da poi che
Volontà se non vuol non s ammorza
Ma fa come natura face in foco
Se mille volte violenza il torza.
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Carlo Emilio Gadda - Racconto italiano di ignoto del novecento
Anche una volta il divino poeta esprime ciò che vi è di
sublime e di eterno in un anima religiosa.»
A questa chiusa imprevista, elogiastica, e a questa ci-
tazione dantesca il pretore finí per crederlo un idiota
esaltato, col cervello interamente manomesso da fisime
letterarie. E il giovane se la cavò con una condanna con-
dizionata, non ostante l astiosa imparzialità del testimo-
niale d accusa e qualche fischio tricolore.
Gli alternatori seguitavano, dalle forre del Devero, a
mandar luce alla città lontana, perché dal quaderno
aperto splendesse il luminoso viso del Cristo; perché
nell harem quasi moresco di San Pedrone si distingues-
se la ossigenata quasi inglese dalla quasi andalusa di
Marsiglia (oriunda Salerno). E la sigaretta finiva di ar-
dere nel buio della stanza, mentre il ragazzo pensava e
pensava.
Dalla torre (la notte celava la vecchia torre lombarda,
i suoi rugginosi legamenti, il cupo mattone; sotto le
mensole di granito che sostengono la merlatura i falchet-
ti s erano assopiti nei buchi), dalla torre furono enuncia-
te le ore. Dieci rintocchi entrarono nello studio e trasvo-
larono rapidi: come apparenti, disparenti imagini d un
altro fluire.
L ultimo non aveva spento il suo passo che la bisbeticis-
sima voce della signora Dirce, ma che succedeva?, ri-
suonò inopinatamente nell atrio. Occorre sapere due
cose: Grifonetto in quei giorni viveva solo. Grifonetto in
quelle notti teneva spalancata ogni porta, ogni finestra.
Ecco perché il mammifero Dirce era potuto penetrare
nell anticamera e di lí avanzare nell atrio, come usano le
belve nelle avventure coloniali.
Ma con chi diamine discuteva la cinghialessa? Chi ve-
niva a romper le scatole alle dieci di sera?
«Ecco, signorino» e si fermò sulla soglia. «C è questo
signore che cerca di lei.» «Avanti», fece il ragazzo senza
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levarsi e, corretta l inclinazione del cono portalampada,
proiettò cinquanta candele nel gilet del visitatore.
«Quando esce, scende poi lei, neh signorino, perché
io vado a letto.»
Grifonetto non le rispose.
Un uomo alto, un po curvo, gli stava davanti, ma era
tornato nell ombra.
«Il signor architetto Lampugnani?» chiese precipito-
samente, con un inchino, non osando avanzarsi.
«Architetto no, ma son io. Che cosa vuole?» Grifo-
netto pensava che gli fosse mandato dal fascio per chie-
der lavoro: ma non si spiegava perché fosse venuto a
quell ora. A buon conto riandò che la pistola era nel pri-
mo cassetto a sinistra, già carica.
«S accomodi» fece poi, offrendogli una sedia: «si trat-
ta di cosa urgente?»
Accese la luce: squadrò l uomo. Luci ed ombre dise-
gnarono un viso, uno strano viso. E un confuso moto
percorse allora il cuore del giovane, mentre quell altro,
appoggiando le mani sulle ginocchia, si sedeva lentamen-
te, quasi temesse che la seggiola non resisterebbe al peso.
«Deve scusare, deve scusare signor architetto Lampu-
gnani» disse a gran velocità, come prima. «Deve scusare
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